«Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo, e che le volsi, serrando e disserrando, sì soavi, che dal secreto suo quasi ogn'uom tolsi; fede portai al glorïoso offizio, tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi.»
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XIII)
Ciao ragazzi, mi chiamo Pier delle Vigne e sono nato a Capua, nel 1130.
Sono stato un politico, funzionario e letterato italiano del Regno di Sicilia, ritenuto tra i più grandi maestri dell'ars dictandi cioè l’arte di saper scrivere epistole (lettere dirette ad una persona o ad un gruppo di persone).
Ho iniziato la mia carriera nel 1220 come notaio al servizio
dell'imperatore Federico II di Svevia, facevo parte di quell'insieme
di notai, letterati e calligrafi che scrivevano documenti, ma
soprattutto lettere e circolari dell'imperatore. Sono stato impegnato anche
attivamente nella vita culturale del gruppo di intellettuali fedeli a Federico. Ho avuto contatti con il medico e filosofo Teodoro d'Antiochia e
con altri scienziati, e nelle mie lettere si ritrovano osservazioni
di contenuto filosofico e teologico. Mi sono speso molto anche per lo sviluppo e
poi per la protezione dell'Università di Napoli, e nel 1224 ho realizzato la lettera circolare che confermava la fondazione
dell'istituzione.
Nel 1224-25 sono stato giudice imperiale. Invece dal 1239 ho ricoperto la carica di logoteta ovvero di superiore di tutti i notai e custode dei sigilli dell'Impero.
Ho avuto, inoltre, il compito di annunciare i proclami emessi dall'imperatore. Pensate che ho avuto quest’incarico di "gran giudice della corte imperiale" fino al 1246, ricoprendo un ruolo di rilievo presso il supremo tribunale.
Dal 1230 fino alla fine della mia carriera sono stato attivo nel campo diplomatico come ambasciatore imperiale presso la corte papale e i comuni del nord Italia. Sono arrivato ad essere addirittura vassallo del re Enrico III d’Inghilterra. Nel corso della mia carriera di alto funzionario di corte ho accumulato un grande patrimonio (terreni e residenze a Capua, Napoli, Aversa, Foggia e in Terra di Lavoro) e ho tentato di rafforzare la posizione della mia famiglia che in realtà era modesta.
Sono stato arrestato a Cremona nel febbraio del 1249 come traditore (proditor). I motivi dell'arresto non li ho mai capiti fino in fondo. Forse ero diventato troppo potente e organizzarono un'accusa di corruzione contro di me. Sono stato accecato per mezzo di un ferro ardente da Federico II a Pontremoli nella Piazzetta di San Geminiano e portato in prigionia a San Miniato, dove mi sono suicidato sbattendo volontariamente la testa contro la parete della cella.
La mia è stata una vita abbastanza intensa e ricca di soddisfazioni ma il mio sogno è sempre stato quello di raggiungere un incarico universitario, magari diventare un insegnante dotto e rispettato e di condurre tutto sommato un’esistenza tranquilla. Ma il destino mi ha riservato un diverso avvenire e sono diventato famoso grazie a Dante Alighieri che mi cita nella somma opera, ovvero la Divina Commedia.
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