martedì 22 novembre 2011

LETTERA DEI PRECARI DELLA SCUOLA AL NUOVO MINISTRO PROFUMO

RETE PRECARI SCUOLA SICILIA - Chi Vi scrive è un gruppo di lavoratori precari della scuola che ormai da 4 anni è impegnato attivamente nella difesa della qualità dell’istruzione pubblica statale avendo sempre creduto che uno sviluppo reale e sostenibile in questi tempi di profondo cambiamento delle dinamiche della produzione della ricchezza e quindi del benessere sociale, non possa che partire da una istruzione di qualità. Ma per essere di qualità il nostro sistema di istruzione dovrebbe essere rivisto sin dalle sue fondamenta partendo dalle scuole dell’infanzia per finire all’Università.
Per questo motivo abbiamo protestato fin dal 2008 contro la cosiddetta riforma Gelmini, non già per motivi pregiudiziali ma perché convinti che qualsiasi riforma non si possa attuare attraverso la riduzione del tempo scuola e del numero dei Docenti e Personale ATA. Se è vero che i nostri studenti sono i più “somari” d’Europa, come ha detto il neo Presidente del Consiglio Mario Monti, ogni buon padre di famiglia sa perfettamente che non si migliorano le “perfomance” del proprio figliolo facendolo studiare di meno.
Se poi a questo tipo di intervento non si aggiunge nessun provvedimento volto ad una modifica reale dei programmi curriculari, se non si aggiunge nessun provvedimento volto a far diventare la scuola come un centro propulsore della crescita sociale e culturale, soprattutto nei quartieri disagiati delle grandi città e nelle provincie del sud, ecco che arriviamo alla situazione drammatica in cui versano i nostri giovani, completamente avulsi nella quasi totalità, dalle nuovi dinamiche mondiali e solo interessati a come cercare di arrivare in TV a qualunque costo per saltare tutti gli ascensori sociali e diventare “qualcuno”; per non parlare di
quelli che non riescono a concludere gli studi e finiscono,nella migliore delle ipotesi nel lavoro nero, nella peggiore nelle mani delle organizzazioni mafiose.
Abbiamo soprattutto per questo considerato nefasto avere impoverito la scuola di ben 150.000 unità in 3 anni, rendendo le scuole insicure perché pochissimo sorvegliate dai collaboratori scolastici e le classi ingestibili laddove si sono dovuti ammassare sino a 35 alunni in una classe che ne poteva contenere a mala pena 20, in barba alle attuali leggi e normative su igiene e sicurezza, per non parlare della impossibilità reale di poter valutare seriamente tutti gli alunni.
Abbiamo apprezzato nel suo comunicato stampa le seguenti parole: “*E’ mia intenzione ascoltare con attenzione e interesse tutte le voci del mondo della scuola e dell’università che vogliano essere propositive. Per questo mi rendo disponibile ad incontrarle a breve.” *Siamo in sintonia sulla sua condanna di ogni forma di violenza ed a testimonianza di ciò sono tutte le manifestazioni organizzate in Sicilia che si sono svolte in modo assolutamente pacifico. Anche la grande manifestazione dello stretto di Messina del 12 settembre 2010, da noi organizzata, se ha avuto uno svolgimento imprevisto come è stato il blocco degli imbarcaderi, si è comunque svolta all’insegna della non violenza.
Le confessiamo invece di essere rimasti un po’ delusi dalle parole dette dal neo Presidente del Consiglio sul buon lavoro svolto dal Ministro dell’Istruzione del precedente governo. Riteniamo che una seria politica di rilancio non possa che partire dalla restituzione delle risorse che sono state tolte alla scuola in questi 4 anni e che ammontano circa a 10 miliardi di euro. Ci rendiamo conto che parlare di investimenti in questi giorni appare quasi un controsenso ma siamo tutti consapevoli che la scuola così come è anche e soprattutto dopo la riforma Gelmini non funziona come stanno confermando tutte le indagini statistiche.
Siamo disponibili a confrontarci su molti temi che riguardano la qualità dell’istruzione nonché di quei temi di attualità che sono il nuovo sistema di abilitazione all’insegnamento e del nuovo sistema di reclutamento, ma anche di valutazione del sistema scuola nella sua totalità e non solo dei Docenti, come della posizione dei lavoratori precari che oggi, pur avendo i medesimi doveri dei lavoratori a tempo indeterminato, non hanno di contro gli stessi diritti.
Sottoponiamo alla sua attenzione una serie di punti distinti in temi di carattere generale e di carattere tecnico per il quale gradiremmo avere un suo parere in un futuro incontro.
Approfittiamo in ogni caso con questa lettera di augurarle un buon lavoro in un settore veramente difficile ma forse il più importante tra tutti.
Temi di carattere Generale
1) Abolizione della riforma delle scuole medie di I e II grado (L.133/08) e successive disposizioni.
2) Abolizione del maestro unico nella scuola primaria (L.169/08) e successive disposizioni.
3) Ritrasformazione delle attuali graduatorie provinciali ad esaurimento in permanenti mantenendo la possibilità di trasferimento in unica provincia a “pettine”
4) Congelamento della tabella di valutazione dei titoli da inserire nelle graduatorie.
5) Istituzione di un percorso abilitante per i non abilitati a numero chiuso secondo le esigenze dei territori con obbligo di immissione di quest’ultimi nelle graduatorie trasformate in permanenti. Assoluta contrarietà ad ogni forma di "sanatoria" che abiliti nuovo personale non selezionato tramite concorso per esami e che ecceda il contingente determinato dalla programmazione regionale
6) Abolizione del tetto massimo di un insegnante di sostegno ogni due alunni diversamente abili su base provinciale e ripristino delle deroghe per l’assegnazione di ore aggiuntive per casi di disabilità gravi(L. 244/07) come stabilito dalla sentenza della corte costituzionale (Sentenza n.80 del 22/02/2010)
7) Assunzione a tempo indeterminato di tutto il personale ATA presente nella graduatoria permanente di 1°fascia
8) Congelamento delle graduatorie permanenti 1°fascia pers. ATA fino al completo esaurimento,consentendo,nelle graduatorie congelate ESCLUSIVAMENTE l’inserimento dell’invalidità e della legge 104.
9) Garanzia di un reddito minimo fisso per il pers. ATA inserito nella graduatoria permanente di 1°fascia e dei Docenti presenti nelle graduatorie, dopo l’esaurimento dell’indennizzo di disoccupazione e in attesa di ricollocamento.
10) Ripristino dell'automatismo delle assunzioni su posti vacanti tramite la modifica della legge 449 del 1997 e sblocco del turn over tramite modifica dell'art.1 comma 523 legge n.296 del 2006 e dell'art. 66 della legge 133 del 2008.
11) Rifiuto totale di qualsiasi proposta di valutazione dell’operato dei singoli docenti; da prendere in considerazione semmai la valutazione dei singoli istituti nella loro globalità rispetto al successo formativo degli alunni.
12) Abolizione dei cosiddetti decreti “salvaprecari”
Temi di carattere tecnico
13) Istituzione di un tetto massimo del 30% di cattedre di diritto o di fatto da assegnare a trasferimenti, utilizzazioni ed assegnazioni provvisorie interprovinciali.
14) Procedere,per le graduatorie ATA congelate, ad una accurata verifica dei titoli di accesso e dei titoli (di servizio e culturali) valutati.
15) Obbligo da parte delle scuole paritarie di assumere il personale docente e ATA dalle graduatorie permanenti con contratto identico a quello in vigore per il personale assunto dalle scuole statali
16) Assoluta parità di diritti tra lavoratori della scuola a tempo indeterminato e lavoratori della scuola a tempo determinato (scatti di anzianità aspettativa, permessi per esami, permessi brevi, etc.)
17) Abolizione della norma che da facoltà ai Dirigenti scolastici di assegnare ore di supplenza ai docenti interni all’istituto anche oltre l’orario di 18 ore
18) Obbligo assoluto di pubblicazione e possibilità da parte degli USP di dare spezzoni anche inferiori alle 7 ore
19) Definizione dell’organico di fatto e di diritto almeno 10 giorni prima della data di convocazione delle nomine annuali
20) Possibilità per il lavoratore della scuola nominato su nomina annuale di optare per un nuovo incarico su eventuale e straordinaria seconda convocazione dell’USP.
21) Visibilità dei riservisti e possessori di L.104 nelle graduatorie ad esaurimento.

venerdì 14 ottobre 2011

'Pronta ad ascoltare la protesta dei ragazzi A Giulio dico: basta tagli sulla scuola'

 Parla la Ministra dei tagli indiscriminati alla scuola e ovviamente non ammette i suoi errori, se la prende, come tutti del resto, con il ministro Tremonti...
non fa passi indietro, ma dietro di sé lascia una scuola impoverita del 99%, mentre continua a parlare di merito...ma inutilmente


ROMA - Questa volta ha taciuto. In passato il ministro dell' Istruzione Mariastella Gelmini aveva definito gli studenti in piazza «non rappresentativi», «strumentalizzati dai centri sociali e dalla sinistra». Con il ritorno, "un anno dopo", non c' è stato comunicato né dichiarazione. Centocinquantamila ragazzi italiani sono tornati a contestarla, ministro. «Erano 50mila, l' ha detto il ministero dell' Interno, ma il fatto merita rispetto. Nel tempo si è perso qualsiasi rapporto con loro, e mi dispiace. Vedo, però, che la protesta oggi si indirizza verso cose più grandi di me: le banche, la finanza. Voglio dire che difendendo lo status quo scolastico i ragazzi difendono una politica egoistica. Facciano loro i valori del merito, coltivino l' eccellenza, altrimenti sono condannati all' impoverimento». In verità "i ragazzi" chiedono un cambio globale, una nuova economia, la scuola come bene comune. Forse non amano le sue riforme scolastiche. «Non mi avventuro in un ragionamento più grande di me, dico solo che le difese delle rendite di posizione dei professori le ritrovo pari pari negli studenti. Vogliono una scuola egualitaria, la scuola come sistema senza la centralità del singolo studente. Quel sistema ci ha fatto precipitare nelle classifiche internazionali. Ma sono pronta ad ascoltare i ragazzi». Da tre anni, senza tregua, ha contro tutti, dai bidelli ai presidi. «Non ricordo standing ovation per le riforme dei predecessori e oggi viviamo una crisi economica inedita. Governare con i tagli è la cosa più difficile». Finalmente li chiama con il loro nome: tagli. È stato lungimirante togliere otto miliardi alla scuola? «Insieme alla Sanità eravamo il ministero più costoso: il Miur spendeva il 97% del suo budget per la spesa corrente. Su di noi Tremonti si è esercitato con facilità». Il ministero dell' Economia prevede risorse per la scuola pubblica in diminuizione fino al 2025. «No, basta, i tagli sono finiti. Nel 2012 la pianta organica dei docenti sarà stata ridotta di 80mila unità e lì ci fermeremo». È riuscita a stoppare Tremonti? «Mah, ci spero... Credo abbia compreso la centralità della scuola e pure sulla ricerca l' ho visto un poco più disponibile...( ride ). Comunque il mio ministero non è più in grado di sopportare diminuzioni di finanziamenti... Stiamo già investendo, in verità, anche se non lo scrivete mai». Dica. «Nella legge di stabilità ci saranno 100 milioni per le borse di studio universitarie. Stiamo trovando 400 milioni per l' edilizia scolastica. Per gli atenei del Sud c' è un miliardo in ricerca. E i migliori maturati, scelti dopo un test tra chi ha preso il massimo, avranno un assegno per mantenersi all' università. Cinque, diecimila euro l' anno. Prima nelle scuole c' erano i bidelli e le cooperative di pulizia insieme: via il doppione, abbiamo risparmiato 200 milioni». Anche il governatore di Bankitalia dice che i giovani pagano il prezzo più alto. «Stimo Mario Draghi, ma quando gli ho chiesto di organizzare un incontro con le banche per finanziare il fondo per il merito non lo ha fatto. Tornerò a chiederglielo». È pentita di qualche scelta? «Non sono riuscita a spiegare come il paese debba ricredersi sul ruolo dell' insegnante. Ha perso valore sociale, prestigio». Gli insegnanti pensano sia colpa sua. «Credo che i buoni docenti debbano essere pagati meglio di coloro che hanno solo scelto un impiego pubblico. Non riusciremo ad aumentare gli stipendi, ma vareremo un sistema di incentivi basato sui test Invalsi». Ministro, la descrivono depressa in questi giorni. «Sono serena e determinata. E abituata a portare a termine i compiti che mi vengono assegnati. Certo, per l' incidente del tunnel dei neutrini sono stata colpita in ogni modo, e ferita. Ma non mi fermo, so che fare politica non è un giro di valzer». Quel giorno eravate al Quirinale, avevate affidato il comunicato a un giovane, non l' avete controllato. «Al primo incidente di percorso ho pagato un prezzo alto, sono stata travolta dalla velocità di internet e dalla replica sbagliata: il secondo comunicato parlava di polemiche strumentalie non erano parole mie. Bastava chiedere scusa, e farci su un po' d' ironia. So che non esiste un tunnel da Ginevra al Gran Sasso, ho visitato il Cerne non ho visto tunnel. Bastava mettere quella parola tra virgolette e aggiungere tecnologico, "il "tunnel tecnologico" dentro il quale sono viaggiati i neutrini». Ha chiuso un rapporto storico con il suo portavoce, Massimo Zennaro. Resterà direttore generale? «Non c' è motivo per allontanarlo anche da lì, la Corte dei conti l' ha valutato idoneo». È accusato di una gestione forzata dei dati del ministero. «È una polemica ridicola». Da quattro anni non rendete pubblici i dati sui bocciati. «Li ho visti ieri, tra una settimana saprete tutto». Ci risultano in diminuzione. «A me sembrano in crescita, ma su due piedi non riesco a darle conferma. Non mi sono mai compiaciuta dell' aumento dei bocciati, non sono così sciocca». Poi è arrivato il concorso per presidi, record mondiale degli errori. «Abbiamo tutelato gli aspiranti dirigenti, rivelando e correggendo gli sbagli». Definì gli errori pochi e marginali: sono quasi mille. «La commissione che li ha prodotti non l' ho nominata io. Sono errori gravi, non mi capacito. Gli autori non saranno retribuiti e l' agenzia che li ha scelti sta valutando se chiedere i danni». Dura fino al 2013 il governo Berlusconi? «Finché dura io sono qui, non governiamo per caso». Ha mai pensato di dimettersi, ministro Gelmini? «Mai».

giovedì 6 ottobre 2011

CONCORSO PER PRESIDI, NUOVA FIGURACCIA...GELMINI COSTRETTA A CANCELLARE MILLE QUESITI

Una prova per 42mila docenti divenuta un emblema di errori e superficialità. Anche in questo caso il ministero dell'Istruzione aveva parlato di "pochi e irrilevanti errori", oggi sul sito la comunicazione: rimossi 976 test su 5750, quasi un su cinque

E siamo a tre figuracce - con tanto di smentite del ministro Gelmini che poi risultano fasulle - in meno di una settimana.

I 42 mila aspiranti presidi - in un concorso diventato l'emblema di errori e superficialità - si sono finora esercitati su centinaia di quiz sbagliati, formulati in modo non chiaro o ambigui. Quasi mille, per la precisione.

Ieri sera il ministero dell'Istruzione ha reso noto l'elenco l'atteso dei test risposta multipla, pubblicati il primo settembre, da espungere. Nel corso delle scorse settimane il pacchetto di 5.750 test dai quali saranno estratti i 100 quiz su cui verrà effettuata il prossimo 12 ottobre la preselezione è stata oggetto di mille polemiche.

I candidati hanno trovato tantissimi errori, criticando il Ministero che si è limitato a rispondere alle critiche con un laconico comunicato: "Pochi e irrilevanti gli errori", diceva lo scorso 6 settembre. Ma ad una più ampia revisione una commissione di esperti esterni ha ritenuto opportuno eliminare dal sorteggio 976 domande, il 17%. Quasi uno su cinque. Ma è "irrilevante". Come i neutrini, come le minori bocciature occultate.

venerdì 30 settembre 2011

In forse gli scatti stipensiali per il 2011...e per gli anni futuri?

Dalla Corte dei Conti arriva la critica, non si sono raggiunti gli obiettivi di riduzione della spesa previsti dall'art. 64 della legge 133/08 quindi in forse i 664 milioni di euro previsti per gli scatti di anzianità relativi al 2011. La causa, secondo la CdC, è da rintracciarsi nella mancata riduzione degli organici a seguito della sentenza della Corte costituzionale che assegna alle Regioni l'esclusiva materia di razionalizzazine della rete scolastica.
Salta dunque l'accordo con i sindacati che prevedeva un diverso trattamento del blocco degli scatti per la pubblica amministrazione previsto dalla legge del 30 luglio 2010 n. 122, attingendo da quel 30% dei risparmi provenienti dai tagli e destinati alla meritocrazia.
Un problema che con molta probabilità si riproporrà anche per il 2012, 2013 e 2014. In forse anche gli scatti retributivi maturati negli anni 2013 e 2014 per i neo immessi in ruolo.
I sindacati non ci stanno.
La UIL chiede di "evitare ulteriori tensioni ed incertezze nel mondo della scuola" e invita i ministri affinchè procedano alla certificazione delle risorse.
Scrima, CISL, chiede di "onorare gli impegni", dal momento che "sugli scatti di anzianità esiste un’intesa che ha già funzionato per il 2010 e deve valere anche per gli anni successivi", "gli impegni sono chiari - afferma il segretario - sottoscritti nel decreto interministeriale 3 del 14.1.2011, e grazie a quell’intesa gli scatti maturati nel 2010 sono regolarmente pagati dal gennaio scorso: per quelli relativi al 2011 il percorso è tracciato e parte dalla certificazione delle risorse disponibili."
La FLCGIL chiede invece di "convocare i sindacati scuola sugli scatti di anzianità per conoscere i tempi entro cui verrà percepito l’aumento" e accusando "questo governo dichiara e smentisce se stesso, alimentando caos e incertezze."
Rino Di Meglio, segretario FGU ha commentato così la notizia: "è di una gravità eccezionale e ci lascia sorpresi, considerata l´entità gigantesca dei tagli che hanno colpito la scuola. Se questa è la premessa per non onorare l´impegno assunto dal ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, la risposta del mondo della scuola non potrà che essere forte". E rilancio una protesta unitaria a fine ottobre.

mercoledì 28 settembre 2011

A Parma si lucra sulle mense scolastiche

parma-corrottiTutto fa brodo per i politici parmensi, anche mense scolastiche e asili d'infanzia. La rete che unisce amministratori, funzionari comunali e imprenditori locali ha lucrato su tutto. Tangenti e favori, in cambio di appalti. Per il momento l'unica differenza con altri casi simili è che non emerge il corpo della donna intesa come merce dei scambio.
La città di Parma risulta essere ancora una volta il paradigma della gestione politica ed economica dell'intero paese. Da un lato la speculazione del mondo imprenditoriale, che fa sponda con l'altro lato della politica securitaria, in modo da distogliere l'attenzione pubblica dai grandi interessi sociali ed economici.
Dal crac Parmalat al caso di Emmanuel Bonsu, passando per il giro di mazzette dell'ultimo periodo, la città di Parma ha vissuto con mano tutto il marcio del modello neoliberista all'italiana, condito di favori politici e interessi della grande criminalità. Ma a farne le spese sono sempre stati gli abitanti del ducato.
La situazione per il sindaco Pietro Vignali, alla guida di una coalizione civico-pidiellina, si fa ancora più esplosiva perché difficilmente può continuare a dire che “non sapeva”, sal momento in cui è coinvolto l'assessore comunale alla Scuola e il suo segretario che chiedevano somme di denaro o assunzioni di amici o altri beni in cambio della proroga dell’appalto di gestione del servizio mensa degli asili e delle scuole d’infanzia.
Sicuramente ciò che è accaduto oggi, farà riprendere le mobilitazioni di quello che è stato definito il primo movimento “indignato” italiano, e che nel periodo prima dell'estate ha saputo incidere e far valere la propria voce di protesta contro un modello di governo altamente corrotto.

La scuola di classe: pollai alle statali, salottini alle private!

Le scuole cattoliche sono in calo d’iscrizioni? Pronto il rimedio: moltiplicazione di fondi pubblici per classi-culla. E alle statali? Tagli e classi-pollaio.

di Maria Mantello


“Vuoi fare un figlio peggio? Mandalo in collegio!”. E il collegio era soprattutto cattolico. Svuotati di ragazzi, oggi si sono riconvertiti molto spesso in alberghi. Restano tuttavia le scuole che prima vi erano annesse, che tuttavia sono alle prese con la crescente emorragia di iscrizioni e non riescono in sempre più casi ad avere neppure una sezione completa per almeno un solo ciclo di studi. Soprattutto alle Superiori.

Insomma le scuole private (cattoliche nella stragrande maggioranza) arrancano. Ma non i finanziamenti statali. Grazie all’invenzione del “sistema paritario integrato” dell’allora Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer che, alla spasmodica ricerca di unzioni curiali, trasformava le scuole private, da istituzioni a cui la nostra Costituzione riconosceva la parità nel rilasciare titoli di studio equipollenti, ad erogatrici paritarie di un servizio pubblico.

Un ruolo dunque addirittura complementare e funzionale a quello esercitato dallo Stato attraverso le sue scuole. Con questo pasticcio giuridico del “sistema paritario integrato” e aggirando l’articolo 33 della Costituzione che esclude ogni sovvenzione pubblica (senza oneri per lo Stato), erogazioni e pubbliche esenzioni sono state perfezionate dal 2000 al 2005. E proprio nel 2005, il “generoso” Berlusconi allargava la borsa dello Stato con circa 500 milioni di euro.

E che si siano via chiamate “concessione di contributi” o “partecipazione alle spese delle scuole paritarie” o “buoni scuola per le famiglie” del governo centrale o periferico (“buoni” cumulabili per altro), la sostanza non cambia. Così è accaduto, che il denaro della collettività, che dovrebbe essere impiegato per sostenere l'unica scuola libera, quella statale, sia stato legalmente stornato verso scuole private, dove chi vi insegna deve contrattualmente aderire all’impostazione ideologica dell’Ente gestore.

Come possano essere paritarie alle statali scuole dove domina un pensiero confessionale resta per l’ordinamento democratico un mistero (di fede?), che evidentemente non soddisfa affatto la maggioranza degli italiani, che continuano a preferire la Scuola statale, dove non ci sono scorciatoie per la promozione, né sconti sulla formazione al pensiero scientifico-riflessivo-problematico. Evidentemente, nonostante gli sforzi governativi per declassarla, questa resta “la Scuola”: fondamentale investimento per la formazione e l’emancipazione individuale. Pertanto, poiché nessuna sutura finanziaria pubblica sembrava arrestare l’emorragia di iscritti alle private, si è giunti a ridurre il numero di alunni per classe. Il salotto-classe dei già esigui 10 alunni, veniva infatti portato dal ministro Moratti (DM 27/2005) a 8.

Intanto alle statali di studenti per classe ne occorrevano tre volte tanti. Uno scandalo! Che forse spingeva il ministro Fioroni a stabilire (D.M. 267/2009) che all’atto della richiesta di parità, «il gestore o il rappresentante legale della gestione» dichiarasse «l’impegno a costituire corsi completi e a formare classi composte da un numero di alunni non inferiore ad 8, per rendere efficace l’organizzazione degli insegnamenti e delle attività didattiche». Ma di fronte all’insurrezione delle private a colpi di Tar (sentenze 7265/09 e 7269/09), che escludono la necessità di mantenere in piedi almeno un corso di studi intero, e addirittura non escludono classi con meno di 8 allievi, Fioroni non impugna le decisioni, come avrebbe potuto, e così le sentenze sono definitive. E il Ministro Gelmini con cura le applica.

Di conseguenza, mentre nessuno osa neppure di fronte alla crisi tagliare un euro alle paritarie (anzi nel 2011 vengono foraggiate con un aggiunta di 245 milioni di euro), per le classi - salotto delle private potrebbe bastare addirittura un divanetto per due. Una lezione privatissima, che potrebbe rischiare di far aumentare il numero degli insegnati di queste scuole privilegiate. Ma, stando ai ricorsi che arrivano ai Giudici del lavoro, sembrerebbe di no: alle private si lavorerebbe per poco o finanche gratis, pur di acquisire gli agognati punti da spendere poi nelle graduatorie delle statali. Un segnale di tendenza al lavoro nero dunque, che trova conferma nei dati Istat, riferiti al 2008 - 2009 e pubblicati il 21 settembre 2011, che alla voce Misura dell’occupazione non regolare nelle stime di contabilità nazionale segnalano un aumento di lavoratori irregolari del 10,5% comprensivo del comparto scuola. Ora, visto che nello Stato il lavoro in nero è impossibile, non sarebbe forse il caso di indagare nelle scuola private-paritarie? O forse lo impedisce il Concordato?

lunedì 26 settembre 2011

IL NEUTRINO? IN FONDO AL TUNNEL A DESTRA...

Non ce ne eravamo accorti, ma il Ministero dell’Istruzione dell’università e della Ricerca italiano ne è sicuro.

Esiste un tunnel di 732 Km tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso e non lo sapevamo. Di più: “Alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro”. Gelmini dixit.

Sfidando qualsiasi senso del ridicolo e con una battuta che starebbe bene in un film di Bombolo (Sordi è già troppo intellettuale) il ministro ricostruisce a modo suo l’esperimento che in questo momento sta smuovendo il mondo scientifico, e copre di ridicolo lei, il Ministero che guida, il Paese. Nessun tunnel, ma un fascio di neutrini che è stato ‘sparato’ dal Cern di Ginevra per un viaggio sotterraneo che dura 2,4 millisecondi, raggiunge la profondità massima di tre chilometri per effetto della curvatura terrestre e termina al Gran Sasso, dove il fascio è ‘fotografato’ da un rilevatore e ne viene misurata la velocità.

Quindi tranquilli, soprattutto i cittadini di Firenze che si trovano sulla traiettoria: il viaggio delle particelle, perfettamente rettilineo, non impegna nessuna struttura costruita dall’uomo; e nessuno potrà usare tale esperimento per giustificare una nuova Tav sotto il Trasimeno.

Purtroppo però per noi, il ministro pensa che i soldi che l’Italia dà per la partecipazione al Cern siano finiti nella costruzione di qualcosa che con la fisica delle particelle ci sta come i cavoli a merenda: un bel tunnel che farebbe impazzire dagli incubi qualsiasi progettista: ben 732 chilometri, opera inconcepibile e impossibile (quello più lungo costruito dall’uomo è a tutt’oggi il nuovo San Gottardo, solo 57 chilometri, roba da ragazzi). Del resto, non è questo il “governo del fare”? Non si riesce a fare il Ponte sullo Stretto, almeno abbiamo fatto un tunnel tra Cern e Gran Sasso…

Il ridicolo toglie il fiato, ma vorremmo consigliare il ministro: quando avrà terminato di compiere gaffes e danni in Italia, quando avrà cessato di colpire la scuola e l’università e la ricerca nel suo infelice Paese, vantandosi di meriti inesistenti per dare un senso a una reale incompetenza e ignoranza, dovrebbe andare su Alpha Centauri in visita: pare che lassù stiano costruendo un tunnel tra Vega e Cassiopea: in tre secondi sei in un altro mondo, e nessuno ti conosce…

martedì 20 settembre 2011

INGLESE ALLE PRIMARIE...LO SCIVOLONE DELLA GELMINI

Delle tre "I" della Moratti, la Gelmini mi scivolò sull'Inglese. Docenti non formati, insufficienti e orario in tilt: un comunicato della FLCGIL sull'argomento mette in risalto carenze e forzature di una scuola asservita al risparmio e ai tagli. Con la riforma si è detto addio agli insegnanti specializzati di inglese, la lingua dovrà essere insegnanta dai docenti curriculari.
Ma le scuole sono andate in tilt. Da un lato i 9.000 specialisti che coprivano all'incirca 54.000 classi dovevano essere sostituiti dai docenti curriculari, ma dopo un corso di formazione. In realtà il MIUR ha avviato corsi per 2000 maestre e maestri, a fronte di un fabbisogno di 25.000.
Dall'altro l'orario delle scuole è andato in tilt, dal momento che i docenti in grado di svolgere tale funzione sono limitati. Così le scuole hanno dovuto avviare degli escamotage. Ad esempio in molti casi si obbliga che ad insegnare l'inglese siano gli insegnanti di altre classi, stravolgendo la didattica, o imponendo un orario aggiuntivo, insegnando inglese in un numero imprecisato di classi e senza la certezza del pagamento delle ore aggiuntive.
Escamotage che in realtà violano la normativa, dal momento che la circolare n. 63 del 13 luglio 2011 impone che, leggiamo dal comunicato FLCGIL, "il docente titolare di posto comune in possesso del titolo per insegnare la lingua inglese è tenuto ad operare "anche" per la lingua inglese, ma sullo stesso numero di classi che sono previste per tutti gli altri docenti e mai in altre classi "solo" per la lingua inglese". Il sindacato ,inoltre, sottolinea che "che qualunque utilizzazione del personale deve passare attraverso la contrattazione di istituto".

sabato 17 settembre 2011

BASTA CON LA SCUOLA DEL CUORE...RICOMINCIAMO A FAR PENSARE...

La cultura dominante, dalla pubblicità ai reality, celebra il trionfo dell'emotività e del desiderio. Anche la scuola italiana è stata contagiata da questa dittatura ideologica delle "passioni": occorre avere il coraggio di riportare nelle aule la ratio, il logos, l'arte dei nessi e delle consonanze.

Il solito sacrosanto coro di lamentele accompagna come tutti gli anni la riapertura delle scuole: manca questo e manca quello, hanno tagliato di su e di giù, i programmi sono troppo così e poco cosà, e come se non bastasse molti servizi stanno diventando a pagamento, tanto da far assomigliare, nei costi, la scuola pubblica a quella privata.

Certo la Gelmini non ha aiutato granché il pericolante edificio dell'istruzione statale, anzi quando ha potuto ha mollato qualche bel colpo di piccone. E se il pesce puzza dalla testa, il resto del corpo è già abbastanza fradicio: gli insegnanti non riescono a insegnare, i ragazzi faticano a imparare, le famiglie delegano, ondeggiano, latitano e tutto l'acquario sembra ormai piuttosto torbido.

Ma vogliamo provare, invece di piagnucolare al vento, a dire come andrebbe corretta la scuola italiana, quali sono i deficit e quali i possibili rimedi? In che modo lo spirito del tempo ha inquinato l'idea della conoscenza, e come si potrebbe rilanciare il sogno di un mondo che studia, apprende, diventa comunità già nelle aule e nelle palestre e nei cortili della scuola? Ho una convinzione, forse può apparire un po' antipatica ma non importa, credo di aver analizzato bene in questi anni i nostri adolescenti e di aver individuato il punto dolente.

Tutto è cominciato a precipitare nel momento in cui qualcuno ha stabilito che l'emotività è l'unico campo in cui si realizza il giovane. Sappiamo bene l'importanza delle ragione del cuore di Pascal, del pensiero emotivo, della forza creativa che vive nei sentimenti e certo non vogliamo che i nostri ragazzi a scuola divengano dei robot: però ho l'impressione che sia stata una debolezza micidiale la rinuncia alla logica, alla razionalità, all'analisi e alla sintesi, all'intelligenza che sa muovere i pezzi sulla scacchiera e le parole nel discorso e i numeri nei quaderni a quadretti.

La cultura è il tentativo di dare una forma e un ordine al caos. Per questo studiamo le tabelline e la sintassi, Aristotele e il sonetto, Dante e Kant e la storia e la chimica e la biologia. Chiunque ama l'arte sa che il disordine del dolore può essere la materia bruta dell'opera: ma perché ci sia un valore e un senso l'artista deve tirare fili invisibili, cucire, legare e slegare, mettere in prospettiva, unire ciò che pare crudelmente diviso. E la scuola questo deve riprendere a fare, contro la cultura del desiderio che vive di smanie istantanee, puntiformi e distruttive, contro chi agita nei ragazzi solo l'emotività, come se la vita fosse solo sballo, divertimento, notti da inghiottire e giorni da dormire e corri dove ti porta il cuore.

Tutta la pubblicità si muove nella direzione dei sentimenti più fasulli e ridicoli: la scuola deve andare nella direzione opposta, verso la ratio e il logos e l'arte dei nessi e delle consonanze. Il pensiero piccolo divide, il pensiero grande unisce, dice Lao-Tze. Intendiamoci: dare corso ai desideri fu un pensiero "rivoluzionario", 40 anni fa. Ma oggi, quando tutto si è ridotto a slogan suggestivo e vuoto, la vera rivoluzione è riappropriarsi della sostanza.

E allora, come ridare forza al pensiero, oggi calpestato dall'orda trionfante e barbara delle sensazioni spicciole, dall'impressionismo e dalla destrutturazione? La lettura è fondamentale perché tuffa lo studente nello scorrere progressivo del tempo, nell'evoluzione dei caratteri, nella riflessione sulle piccole esistenze individuali e sulla vita grande che le contiene. Il prima e il poi segnano una strada. Ovviamente la matematica è la base del pensiero logico: i nostri ragazzi faticano moltissimo anche per risolvere una semplice equazione, spesso respingono l'universo dei numeri proprio perché li obbliga a pensare, a mettere in fila i passaggi, a trovare la soluzione esatta. Più letture, più matematica, dunque, ma anche più filosofia e più traduzioni dalle lingue straniere. Sarebbe bellissimo, poi, se tutti i ragazzi studiassero la musica capirebbero come nelle note si sposano la precisione e la sensibilità.

Questa è la prima mossa da fare, la più importante. Poi si tratta di ricostruire un rapporto tra le generazioni. La maggior parte degli insegnanti pensa che gli studenti siano dei decerebrati volgari e ignoranti, e la maggior parte degli studenti pensa che gli insegnanti siano dei vecchi amareggiati e inutili. Anche qui temo che grandi danni siano venuti dalla malizia dell'economia, quella del marketing che pensa agli esseri umani in termini di target, che separa le età per poter vendere meglio i prodotti più adatti ai ventenni e alle sessantenni, musica e dentiere. La piazza si è frantumata, la comunità si è sbriciolata in calcinacci generazionali, ogni gruppo sta per conto suo, sospettoso, diffidente, scorbutico. Bisognerebbe ritornare all'unica grande divisione, quella tra i vivi e i morti, e forse nemmeno questa è così inevitabile. Siamo tutti qui, tutti vivi finché dura, e allora nella scuola gli adulti e i ragazzi hanno ancora tanto da scambiarsi, da regalarsi, tanto da discutere e litigare.

Ancora qualche idea per ricominciare in modo positivo: la scuola italiana deve essere legata al grande patrimonio culturale della nazione e allo stesso tempo deve mantenersi aperta al futuro. Deve essere il punto di contatto tra la Storia e il Divenire, tra ieri e domani. Dunque tutti i ragazzi italiani dovrebbero aver letto i dieci libri fondamentali per la nostra identità nazionale, e aver visto e studiato i pittori che da tutto il mondo vengono a vedere, ma la scuola non può vivere col torcicollo, tutta rivolta al passato: deve attrezzarsi per capire il presente, dunque abbonarsi a riviste e giornali, aprire alle nuove forme di comunicazione, la tecnologia è qualcosa che si può usare e studiare insieme, facendo capire come nasce, perché funziona, tenendo vivo il contatto con quello che accade oggi.

Se non è così, non ci sarà alcuna speranza di conquistare i ragazzi. Per questo mi auguravo che ogni professore fosse fornito di un tesserino per avere veri sconti in libreria e al cinema e a teatro e nei musei. Mi sembrava che la Gelmini avesse accettato l'idea, poi non se n'è più parlato. Gli insegnanti devono essere intellettuali del nostro tempo, non tristi pappagalli spennacchiati che ripetono la stessa lezione da trent'anni. Insomma, la scuola deve tornare a essere un luogo dove pulsano l'intelligenza e la curiosità, non può ridursi a un ospizio di nonni malinconici che provano invano a tenere a bada torme di nipotini urlanti.


di Marco Lodoli, la Repubblica 31 agosto 2011

La manovra che peserà per 33 mld su famiglie e deprimerà ulteriormente i consumi

da la Repubblica
La manovra varata dal governo pesa per ben oltre la metà sulle famiglie italiane e deprimerà ulteriormente i consumi. Nel suo intervento introduttivo in occasione del Meeting 2011, il presidente di Confesercenti, Marco Venturi traccia un quadro della situazione allarmante e chiede che di "cambiare rotta e rendersi conto che, per reperire risorse, sono necessari tagli alla spesa poiché la pressione fiscale effettiva è alla soglia insostenibile del 54%. La previsione trova conferma anche nelle stime della Cgia di Mestre: "Per i contribuenti onesti è sicuramente una notizia shock: nel 2014, gli effetti complessivi delle manovre correttive di luglio e di Ferragosto faranno schizzare la pressione fiscale reale oltre il 54%", aggerma il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, indicando che si tratta di un livello "che rischia di deprimere l'economia e gettare nello sconforto milioni e milioni di italiani fedeli al fisco". E per il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, per poter mantenere il livello di consumi durante la crisi le famiglie hanno eroso il livello dei risparmi: "In italia - ha evidenziato - durante e dopo la crisi la propensione al consumo è aumentata, mentre il tasso di risparmio delle famiglie nel 2010 è calato del 9%. Le famiglie hanno cioè ridotto il risparmio per mantenere i livelli di consumo. Questo - ha aggiunto - significa che le famiglie hanno considerato che la crisi fosse temporanea, transitoria mentre ora - ha fatto notare - si stanno rendendo
conto che la crisi non è provvisoria e i dati sul clima di fiducia stanno peggiorando ulteriormente visto che le misure prese nella manovra prefigurano 3-4 anni di stretta molto forte".
 
Con aumento Iva, 140 euro in più a famiglia
. L'aumento dell'Iva stabilito dalla manovra economica si tradurrà in 140 euro di aumento medio annuo per ciascuna famiglia, stando a quanto sostiene Venturi, secondo cui l'aumento di un punto dal 20 al 21% graverà per il 70% sulle famiglie. L'aumento - sostiene lo studio diffuso nel corso del meeting - sarà più marcato al Nord-est (166 euro a famiglia ogni anno), seguito dal Nord-ovest (158), dal Centro (138), Sud (113) e Isole (102). Guardando alle professioni, la crescita sarà di 220 euro per imprenditori e professionisti, 170 per i lavoratori in proprio, 189 per impiegati e dirigenti, 149 per operai e assimilati, 104 per i pensionati e 95 per altra condizione (cassintegrati, disoccupati). La manovra sull'Iva, inoltre, unicamente per la parte riguardante i consumi delle famiglie, sempre secondo lo studio inciderà dello 0,48% sull'inflazione e porterà un gettito annuo aggiuntivo di 3,4 miliardi di euro. Confesercenti sottolinea poi alcune incongruenze dell'aumento dell'Iva. ''Appaiono anacronistiche - viene sottolineato - due aliquote molto diverse (4 e 10%) gravanti su beni alimentari le cui differenze sono demandate a complesse definizioni e a scarsa o nulla logica''. Inoltre, viene evidenziato, ''si paga il 20% di Iva se si acquista il caffé da preparare in casa, mentre se lo si consuma al bar viene gravato del 10%''.

Crescita zero. "Sulla crescita economica - ha detto Venturi - i conti, dopo la approvazione della manovra, non tornano: dalle previsioni aggiornate Confesercenti-Ref risulta che le speranze di ripresa nel 2012 svaniscono con un Pil che crescerà solo dello 0,1% e con i consumi delle famiglie bloccati su una allarmante crescita zero rispetto al 2011 (dopo aver registrato nel 2010 l'1% e quest'anno solo lo 0,5%). La nostra stima è che gli interventi diretti e indiretti della manovra graveranno sulle famiglie per 33 miliardi dei 54 complessivi".

Aggredire la spesa pubblica
. Secondo Venturi, "si deve prendere atto che l'unica via percorribile non è certo quella, impraticabile, del prelievo fiscale che avvelena i pozzi dello sviluppo colpendo fiducia, consumi  ed investimenti, ma è quella di aggredire la spesa pubblica. Non solo per quantità intervento, ma soprattutto per qualità. Si ricorre come sempre alla leva fiscale, tanto che 36 miliardi della manovra sono basati sulle tasse, di cui 16 da meno agevolazioni". Per Confesercenti, ha ribadito Venturi, "alcune priorità che possono cominciare ad aprire spazi per recuperare risorse allo sviluppo sono i tagli nel numero dei parlamentari, membri di Governo, consiglieri, assessori; tagli draconiani nelle consulenze pubbliche; abolizione di tutte le province; interventi decisi su comunità montane e micro comuni; accorpamento di circoscrizioni e municipi; condividere servizi per aree vaste a partire da nettezza urbana e trasporti nonché dall'acquisto di beni e servizi".

Scelte coraggiose anche contrarie a politica. Il presidente di Confesercenti ha poi sostenuto che "servono scelte coraggiose anche in contrasto con forti interessi politici che possono essere rimossi solo con pressioni decise ed ampie dei cittadini-elettori". Perché, ha affermato ancora Venturi, "per l'Italia come per l'Unione Europea è sempre più centrale intervenire sul binomio debito/bassa crescita. Il debito può essere gestito solo con le armi della crescita e della fiducia, tenendo conto anche dello strapotere di grandi capitali che viaggiano senza controlli da un continente all'altro alla ricerca di rendimenti vantaggiosi e dell'irrompere sulla scena mondiale di altre economie che condizionano l'andamento economico globale, dalla Cina al Brasile, dalla Russia all'India".


la scheda dei prezzi che aumentano

venerdì 16 settembre 2011

PALERMO - Precari della scuola occupano l'USP

precari-scuolaTra pochi giorni avrà inizio anche in Sicilia l'anno scolastico in un clima che si preannuncia già rovente: a causa dei tagli imposti dalla riforma Gelmini, infatti, per centinaia di insegnanti l'assegnazione dell'incarico nelle varie scuole da parte del provveditorato avverrà con netto ritardo e dopo l'inizio dell'anno scolastico (con il calendario attuale non prima del primo ottobre il personale riuscirà a prendere servizio). Un "astuto" stratagemma che permetterà di pagare fino ad una mensilità in meno per ogni precario e che relegherà ancora una volta, e sempre di più, professori e personale scolastico ad una condizione di estrema precarietà che non farà che ripercuotesi sugli studenti e sulla qualità del loro percorso scolastico.
A fronte di questa situazione già da questa mattina un gruppo di precari ha occupato il terzo piano dell'ufficio scolastico regionale chiedendo che le nomine, da parte del provveditorato, vengano effettuate, come di consueto, prima dell'inizio dell'anno. A questo aggiungono la richiesta che dal Ministero arrivi l'assegnazione di 650 posti, invece degli insufficienti 150 già assegnati, tra personale docente e personale Ata per sopperire alla mancanza d'organico, annoso problema che da anni affligge le scuole del capoluogo siciliano e della provincia, smentendo così le dichiarazioni della Gelmini che aveva assicurato che l'inizio dell'anno scolastico si sarebbe svolto con regolarità senza problemi per gli alunni e per gli insegnanti stessi.
Dall'occupazione gli insegnanti e il personale Ata hanno inoltre ribadito l'appuntamento che vedrà, per domani mattina, di fronte allo stesso provveditorato, lo svolgersi di un'assemblea pubblica dei precari della scuola e si sono detti pronti a rilanciare la loro lotta.

da InfoAut

Uno dei Teatri più antichi d'Italia...Occupato dai dipendenti...

http://www.teatrovalleoccupato.it/tag/blog

mercoledì 14 settembre 2011

Rapporto Ocse: ministro Gelmini si dimetta insieme ai segretari dei sindacati che l’hanno sostenuta

da ANIEF
I dati dimostrano come negli ultimi tre anni le scelte politiche del reggente del Miur, concordate sistematicamente con alcune OO. SS., abbiano allontanato la scuola italiana dall’Europa, contribuito a mortificare la professione degli insegnanti, disposto un servizio ristretto agli studenti.
Gli stipendi sono diminuiti negli ultimi dieci anni dell’1% mentre nella UE sono cresciuti del 7%; a parità di grado di istruzione, sono in Europa del 40% maggiori che in Italia, ma quale prospettiva futura aspetta 800.000 insegnanti? Ancora tagli, per via del blocco del contratto e degli scatti di anzianità disposto dal Governo per il quadriennio 2010-2013 con il consenso di alcune organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto, persino, la scomparsa di un gradone stipendiale per i 30.000 neo-assunti nel 2011.
La spesa per l’istruzione è salita del 6% a casa nostra rispetto al 34% del Vecchio Continente, per un totale del 4,8% del PIL rispetto al 6,1% della UE, eppure il Governo senza alcuna seria opposizione dei sindacati ha tagliato 100.000 posti di personale docente/assistente tecnico-amministrativo e ha eliminato quasi 3.000 presidenze, lasciando tecnicamente più della metà degli edifici inagibili, a rischio, con aule sottodimensionate in rapporto ad alunni e personale educativo. E tutto ciò a parità di un tempo scuola complessivamente superiore alla media europea. Nel futuro, ancora tagli e accorpamenti tra istituti e classi concorsuali con il blocco del turn-over e il ritardo di un anno dei nuovi pensionamenti.
Pochi laureati, ma anche pochi fondi all’università con il blocco dei concorsi, la messa ad esaurimento del ricercatore universitario, il blocco della didattica con l’accorpamento dei corsi di laurea e la chiusura delle sedi periferiche dovuta all’assenza del personale docente strutturato, con conseguente proliferazione dei contratti gratuiti di insegnamento e della fuga di cervelli appositamente formati.
L’unica scelta di cui potrebbe vantarsi il Governo è la riduzione del personale docente: secondo la UE vi sono troppi insegnanti in rapporto al numero degli alunni, 1/11 rispetto a 1/16 ma ovviamente nel rapporto non si commenta il fatto che abbiamo 91.000 insegnanti di sostegno e 26.000 insegnanti di religione, caratteristica tutta italiana e apprezzata anche dalle famiglie che giustifica ampiamente tale sproporzione.
E non si vuole commentare la gestione pessima delle graduatorie ad esaurimento del personale docente, le plurime censure dettate dai Tribunali della Repubblica agli atti disposti dal ministro nei confronti del personale precario, che hanno così allontanato l’Italia dall’Europa da farne violare una precisa direttiva comunitaria.
Di fronte a questi dati oggettivi, il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata minimamente in grado di gestire il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca in seno al Governo e farebbe bene per amor di patria a rassegnare le sue dimissioni, ma insieme ai suoi complici, ovvero a quei segretari generali di alcune organizzazioni sindacali della scuola che hanno in questi tre anni sempre sostenuto, coperto se non addirittura ispirato le sue scelte, perdendo di vista l’interesse dei lavoratori, delle famiglie, del Paese.
Soltanto con un nuovo ministro competente e nuovi leali sindacalisti si potrà rilanciare il settore dell’istruzione.

Linee guida per bambini con DSA

 Pubblico il link per leggere le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento.


http://ic-marconi.scuolaer.it/SitoMarconi/Nuovo/integrazione_file/linee_guida_sui_dsa_12luglio2011.pdf



lunedì 12 settembre 2011

INIZIA LA SCUOLA...OVVIAMENTE CON TAGLI!!!

Lezioni al via in 12 regioni. Ma nel 2011 il budget per l'autonomia degli istituti scende a 79 milioni di euro. In futuro attività e servizi a spese delle famiglie. 

di SALVO INTRAVAIA ROMA - Maxi-taglio ai fondi per l'autonomia scolastica alla vigilia dell'apertura dell'anno scolastico. Oggi, per 4 milioni di alunni di 12 regioni suonerà la prima campanella, nei giorni successivi toccherà ai compagni delle altre regioni. Ma insegnanti, alunni e genitori troveranno scuole ancora più povere e l'anno scolastico inizia tra le proteste. Rete e Unione degli studenti medi in mattinata daranno vita a volantinaggi e flash mob davanti alle scuole. Alle 15 in 30 città e davanti alla sede del ministero dell'Istruzione è previsto un rumoroso cacerolazo con pentole, cucchiai e coperchi.

Nei giorni scorsi, intanto, l'Esecutivo ha trasmesso alla Camera lo schema di direttiva ministeriale che finanzia la cosiddetta autonomia scolastica, con una sforbiciata del 38 per cento sui fondi che arriveranno alle scuole. E i presidi sono costretti a chiedere aiuto ai genitori. Oltre alle spese per il personale, che paga lo stato, le istituzioni scolastiche ampliano l'offerta formativa con una miriade di attività e servizi aggiuntivi che in futuro dovranno pagarsi le famiglie. Basti pensare al servizio pre e post-scuola, che consente ai genitori che lavorano di accompagnare in anticipo e prelevare in ritardo a scuola gli alunni delle materne e delle elementari, alle attività di recupero e sostegno per gli alunni in difficoltà e a quelle per i disabili. Fondi che sono usati anche per il potenziamento della lingua straniera, le gite scolastiche, le attività teatrali e di cineforum e per quelle alternative alla Religione cattolica.

Ma per la prima volta il budget che dà un senso all'autonomia scolastica scende al di sotto dei 100 milioni di euro. Per il 2011, sono previsti poco meno di 79 milioni, un anno fa gli istituti si divisero quasi 127 milioni. Dal 2001 il finanziamento si è assottigliato del 71 per cento: erano 521 i miliardi di lire, pari a 269 milioni di euro, che dieci anni fa arrivavano nelle casse scolastiche. L'elenco delle iniziative nazionali e locali remunerate con questa legge è lunghissimo, ma alle scuole interessano due voci: i fondi per la "realizzazione del Pof" (il Piano dell'offerta formativa) e quelli per l'aggiornamento dei docenti, letteralmente falcidiate. In tutto, per le attività del Pof 2011, le oltre 10 mila scuole italiane riceveranno 12 milioni, un anno fa erano 48 i milioni e nel 2001 addirittura 162. Nel 1997 fu varata l'autonomia scolastica, con la quale le scuole potevano, e possono, adattare l'offerta formativa alle esigenze dei territori.

Per realizzarla, gli istituti predispongono questo Piano le cui attività vengono remunerate con i fondi provenienti da Roma. Ma i trasferimenti statali sono ridotti all'osso e i presidi si rivolgono ai genitori. Una prassi considerata "illegittima" dalla Ragioneria generale dello stato e "odiosa" dalla stessa Gelmini, che qualche mese fa puntò il dito contro i presidi. Ma sbirciando tra i bilanci di previsione 2011 delle scuole si scopre che in parecchi casi i "finanziamenti dello stato" saranno inferiori ai "contributi volontari" versati dai genitori. Come alla media Giuseppe Moscati di Roma che dei 183 mila euro di "entrate" in bilancio, 100 mila saranno versati delle famiglie e appena 28 mila euro da Stato e regione.

da Repubblica

RISORSE PER BAMBINI CON DSA



VIVO Portable USB è una straordinaria risorsa, unica nel suo genere, che rende parlante il computer. Pagine WEB, testo, documenti, posta elettronica, programmi, finestre, ecc.. vengono letti da qualsiasi computer in cui inseriamo la chiavetta. Non serve l'installazione e non sporca il registro. Questo e tanto altro con un click del mouse...
Il progetto è promosso dal noto Istituto Majorana di Gela che, da tempo, cerca di promuovere i benefici del software libero.
Il promotore dell'iniziativa Vivo Portable USB è Silvio Affaticati (Ylvo COMPANY), che è stato capace di racchiudere, in uno, numerose applicazioni indispensabili a quanti hanno problemi di vista (ipovedenti, non vedenti, dislessici, ecc…) o a quanti vogliono, per qualsiasi motivo, che il computer legga tutto quanto visualizzato sullo schermo.
ViVo presenta numerose caratteristiche e funzionalità, indicate nel seguito, ma quella che lo rende unico al mondo, oltre che avere tutto a portata di click, è la portabilità. Inserendo ViVo in una chiavetta USB possiamo averlo disponibile su qualsiasi computer. Pensate ad un ipovedente che sia fuori dalla propria abitazione: con ViVo avrà la possibilità di potere usare, dovunque, il computer di altri (amici, vacanze, internet point, uffici pubblici, scuole, ecc..).

Sommario delle caratteristiche principali della versione portable
Compatibilità:  ViVo Portable USB è compatibile con Windows XP e con Vista.
Vivo Portable-USB italiana, si distingue perchè: 
è totalmente distaccata dal sistema ospite (Windows);

non sporca il registro di sistema (Windows).
La finestra principale di ViVo è  parlante ed è curata nella grafica e nei colori, per facilitare la visualizzazione delle opzioni offerte, anche a chi ha problemi di vista. Dalla stessa finestra, con un semplice click del mouse possiamo:

navigare con una versione di Firefox parlante e con caratteri ingranditi;
avere una lente d’ingrandimento per lo schermo (configurabile);
accedere direttamente al disco principale;
gestire la posta elettronica;
attivare la lettura dello schermo;
aprire la tastiera a schermo;
ascoltare tantissime emittenti radio via internet;
aprire la sintesi vocale con molte voci;
ridurre ad icona;
uscire dal programma;
rimuovere le periferiche USB (chiavette, ecc..);
avere le informazioni su ViVo (descrizione, guida in italiano, sito, blog, ecc..).

Inoltre abbiamo un bip-puntatore (coordinate audio) che cambia tonalità con lo spostamento del mouse per indicare se il puntatore si trova in alto, in basso, a sinistra o a destra. Ovviamente il bit-puntatore è disattivabile.

Se ViVo otterrà il successo che, sicuramente, merita, nella prossima versione avremo:
Aggiunta della suite OpenOffice.org 3.x, con interfaccia di grandi dimensioni, screen reader integrato e pacchetto accessibilità. Questa è una versione unica al mondo in quanto integra tutto ciò che rende OpenOffice Accessibile e Portable.
Aggiunta di un evidenziatore a schermo. Questo programma risulta essere molto utile a persone affette da maculopatie o deficit di campo visivo.
L'interfaccia completamente gestibile dalla tastiera, con l'ausilio dello screen reader.
Nome file Installa_ViVo.exe, di 197.172.759 byte = 192.552 Kb = 188,04 Mb
Controllate il nome e la grandezza del file exe scaricato.

GIOCHI ED ESERCIZI DI ITALIANO: GRAMMATICA WEB

Segnalo una risorsa della LOESCHER, una delle case editrici più all'avanguardia sul versante dei contenuti didattici digitali.
In questo caso consiglio i colleghi di scuola primaria a fare una visitina dalle parti di Grammatica Web, un simpatico e coloratissimo laboratorio interattivo di grammatica, lessico e testualità.
Una volta inserito un qualsiasi nome e cliccato su Login si accede al laboratorio ed è possibile operare una scelta tra i seguenti argomenti: fonologia, morfologia, sintassi, arriccimento lessicale, strumenti per scrivere testi, prove di comprensione del testo e di conoscenza grammaticale.

QUESTO IL LINK SU CUI CLICCARE, BUON DIVERTIMENTO!!!

http://www.loescher.it/librionline/risorse_linguaitaliana/download/interattivo/start.html

mercoledì 7 settembre 2011

ABOLITO CON DECRETO IL SINDACATO E I DIRITTI DEI LAVORATORI. Incredibile ma Vero!!!

Purtroppo lo avevamo ampiamente previsto. La ricetta di questo governo è ormai nota:
a) si prende un obiettivo qualsiasi tipo la distruzione dei diritti più elementari dei lavoratori,
b) si inserisce in un maxidecreto cacciuccato all'interno del quale si introducono riforme idiote in grado di catturare l'attenzione dei media e di quegli allocchi dell'opposizione.
c) si fa discutere tutto il paese delle riforme idiote
d) si ritirano le riforme idiote
e) rimane ferma solo la riforma obiettivo che, tuttavia, siccome siamo stati magnanimi con la revoca delle riforme idiote, viene inasprita e corretta in favore degli interessi dei più forti.
Et voilà, il gioco è fatto. E' successo con la somministrazione di lavoro, con l'arbitrato e sta succedendo ancora con l'abolizione dell'efficacia dell'art. 18 alla quale è stata aggiunta in extremis la soppressione sostanziale del sindacalismo confederale. L'art. 8 della manovra aggiuntiva, di quel Decreto 138/11, è il perno della riforma intorno al quale sono comparse e poi scomparse un centinaio di poco credibili intuizioni per la soluzione della crisi. Si tassano in via straordinaria i redditi superiori a 90.000 euro. Anzi no, non li tassiamo più. Si aboliscono il 25 aprile, il 2 giugno e il primo maggio. Anzi no, li teniamo. Si aboliscono le province e si accorpano i comuni. Anzi no, va tutto bene così com'è. Abolisco l'art. 18. No, non è vero, anzi, si, è vero.
E l'opposizione, di qualsiasi tipo, da quella bollita e priva di qualsiasi credibilità del PD, che addirittura frena sullo sciopero generale, a quella dei centri sociali più estremisti, ha cominciato a parlottare e a balbettare su queste clamorose minchiate e non ha visto questo bluff clamoroso dell'accoppiata Tremonti-Marcegaglia.
Ovviamente, come detto, in cambio del ritiro di tutte le leggi-minchiata, il Governo ha stretto ancora di più sulla riforma del diritto del lavoro ed ha introdotto il testo definitivo, quello che aveva preparato sin dall'inizio ma che se fosse stato presentato nella sua stesura completa avrebbe suscitato polemiche e reazioni feroci. Oggi, invece, venduto come risultante dell'incontro tra opposte fazioni, come merce di scambio con la scampata eliminazione del 25 aprile, assume una sua dignitosa presentabilità.
Il provvedimento passato in commissione si conferma nel suo nucleo centrale stabilendo che, “fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro”, le specifiche intese aziendali e territoriali “operano anche in deroga alle disposizioni di legge” ed alle “relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”. Le intese valide, però, a differenza di quanto stabilito nella versione “Soft” della riforma, saranno non solo quelle “sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, ma anche quelle sottoscritte dalle associazioni “territoriali” “con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati” che potranno avere ad oggetto: “le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l’orario di lavoro, le modalità di assunzione, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro”.
L’emendamento approvato in Commissione, cioè, prevede che anche i sindacati percentualmente più rappresentativi a livello territoriale possano sottoscrivere accordi con le aziende. Possono sottoscrivere le intese o le “associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale”, ovvero le “loro rappresentanze sindacali operanti in aziende” e le intese, si ribadisce, avranno “efficacia per tutti i lavoratori, a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alla presenze sindacali”.
Vi risparmio l'analisi sull'esclusione dell'operatività degli accordi di cui sopra per le lavoratrici madri, che, per quanto sacrosanto è solo il frutto di un intervento di Nostro Signore e dei suoi rappresentanti in Parlamento.
Vi invito, invece a riflettere sulla portata epocale di questa novità legislativa. Come già spiegato nel mio precedente intervento (138/11 del 13/8/11: l'apocalisse del diritto del lavoro) a cui vi rimando, ci potranno essere aziende, ad esempio, che, ricattando le rappresentanze sindacali interne con i livelli occupazionali in tempo di crisi, otterranno il placet su accordi che prevederanno, in caso di licenziamento, unicamente un risarcimento del danno in favore del lavoratore limitandolo a poche mensilità, al posto della reintegra e del risarcimento. E per aziende diverse si potranno avere situazioni differenti per cui in una il lavoratore che ha subito il licenziamento illegittimo si prenderà tre mensilità di risarcimento, in un'altra 5, in un'altra ancora 8 a seconda della forza contrattuale della RSU o dei sindacati territoriali. Questo schema, poi, si applica anche alla possibilità di utilizzare sistemi audiovisivi (fino ad oggi fortemente limitato), alla conversione dei contratti precari in contratti subordinato a tempo indeterminato, alle mansioni (e quindi al divieto di demansionamento) e all'orario di lavoro (e quindi ai suoi limiti). Ci troveremo aziende dove un lavoratore sarà costretto a lavorare con strumenti tecnologici che ne misurano la produttività, mentre in altre questo sarà vietato, lavoratori che possono passare da inquadramenti direttivi a semplice manovalanze ed altre dove questo non sarà possibile. Ci saranno aziende dove l'uso del contratto a termine e del contratto a progetto sarà indiscriminato e dove in caso di contratti precari illegittimi la conseguenza non sarà più la trasformazione in contratto subordinato a tempo indeterminato ma altro, magari ancora una volta un banale risarcimento.
Ebbene, non è più solo questo. Questi stravolgimenti senza precedenti della vita delle lavoratrici e lavoratori italiani non potranno essere introdotti solo a seguito di un accordo con i sindacati maggiormente rappresentativi, e quindi, si presume, maggiormente competenti sul piano nazionale ma, sostanzialmente con chiunque, con il primo gaglioffo che passa da quelle parti. Spieghiamo perché.
Prendiamo un'azienda media di una provincia (o, perché no, di un piccolo comun) del sud italia dove storicamente il livello di sindacalizzazione dei lavoratori è basso. Il datore di lavoro che voglia introdurre dei peggioramenti pesanti a danno dei lavoratori quali, ad esempio, l'eliminazione della reintegra nel proprio posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, non potrà farlo se non in combutta con la RSU. Se questo “imprenditore” volesse, potrebbe architettare la creazione di un Sindacatino territoriale composto da impiegati e operai compiacenti che in cambio avrebbero privilegi e certezze, far guadagnare a questa organizzazione consenso con mezzi leciti e meno leciti per poi, una volta insediata una maggioranza di componenti della RSU nella propria azienda, scrivere le regole del diritto del lavoro aziendale.
E' chiaro anche a coloro che non sono inclini ad osannare il Sindacalismo Confederale che in un contesto come questo la presenza di tali associazioni garantirebbe dei livelli minimi di tutele ed una armonizzazione a livello nazionale dei diritti. In questo modo, invece, in provincia di Varese ed in provincia di Livorno, avremmo due ordinamenti diversi con tutto ciò che ne consegue sul piano della concorrenza. Se a Benevento si licenzia con facilità si ricatta più agevolmente e quindi si produce di più, l'azienda di Torino, dove è maggiore la sindacalizzazione, non minaccerà più la delocalizzazione in Romania ma a Benevento fino a quando gli operai stessi si vedranno costretti a chiedere al sindacato di accettare l'accordo al ribasso pur di non perdere il posto di lavoro.
In tempi di crisi, vere o supposte, l'unico obiettivo di Confindustria e di questo Governo è l'abbattimento del costo del lavoro che si realizza solo con l'eliminazione del ruolo del sindacato e della sua funzione quasi che la crisi fosse stata determinata dai lavoratori dipendenti.
Inutile dire che lo sciopero generale in questo contesto è sacrosanto e dovrà vedere l'adesione e la partecipazione attiva di tutte e di tutti come momento iniziale di costruzione di una strategia complessiva per la destituzione di questa classe politica e per la creazione di un progetto di ristrutturazione del diritto del lavoro che abbia come unico fine quello di abrogare sic et simpliciter tutte le norma approvate negli ultimi dieci anni in questa materia.
Ribadisco che la debolezza dell'azione sindacale e politica degli ultimi anni è dovuta principalmente alla totale assenza di un progetto politico alternativo a quello del centro destra che, in quanto tale, sta solo facendo il suo lavoro che consiste nello smembramento del diritto del lavoro in favore dei ceti più ricchi che rappresenta. Quello che manca è il progetto della sinistra, l'alternativa a questo disastro, la possibilità concreta di sperare in un paese migliore. Nessuno lotta davvero se non sa con precisione per cosa e per chi.

Marco Guercio

giovedì 16 giugno 2011

ADDIO STABILIZZAZIONE PRECARI!!!

Il testo del decreto sviluppo, che verrà portato in Aula la prossima settimana, non offre soluzione ad una speranza che era balenata da mesi e per la quale tanti supplenti avevano speso fior di quattrini: quella di giungere alla stabilizzazione lavorativa attraverso le aule dei tribunali.

Il piano di stabilizzazione dei precari prevedeva il rispetto delle leggi europee e italiane relative alla regolamentazione dei contratti a tempo determinato già applicate nel settore privato. In varie forme queste leggi prevedono, infatti, la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato al terzo contratto stipulato o dopo aver lavorato (anche non consecutivamente) per 36 mesi con lo stesso datore di lavoro (in questo caso il MIUR).
Il punto della questione era che il Miur con una iniziativa legislativa aveva tentato di eludere proprio questa normativa comunitaria, la n. 1999/70 nonché le sentenze dei giudici favorevoli ai lavoratori precari della scuola. Il 28 aprile 2011, in conclusione dell’incontro sulle graduatorie ad esaurimento, l'Amministrazione aveva informato i sindacati circa la predisposizione da parte del Governo di un Decreto legge di "accompagnamento" che "aggirava", per i soli lavoratori della scuola, l'applicazione della normativa europea in materia di contratti a termine.
Con la motivazione della particolarità delle procedure previste per l'assunzione del personale della scuola, si proponeva di derogare dal limite del triennio come vincolo per la stabilizzazione.
La speranza dei precari risiedeva dunque nel decreto sviluppo, che, però, nel testo che ha accolto i vari emendamenti, recita categoricamente così: "Non trova applicazione l'articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001 (in base al quale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato)".
In pratica, i contratti a tempo determinato potranno trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nell’ovvio caso d'immissione in ruolo
D’altronde da più parti si levava l’obiezione che l'assunzione in blocco di tutti i precari con più di tre anni di lavoro sarebbe stata di difficile attuazione in un'unica soluzione, soprattutto in relazione alla mole di precari e molteplicità di fasce di precarie classi di concorso determinatesi negli anni.
Tuttavia non sarebbe risultato impossibile arrivare all'applicazione della normativa europea dopo un breve periodo di transizione. Per ora il decreto sviluppo ha detto no.
La via politica è sbarrata, restano le pronunce dei giudici favorevoli ai precari. Ma da sole non bastano.

sabato 4 giugno 2011

Sempre in merito alle INVALSI: non c'è obbligo per i docenti!

E' la conclusione a cui si è arrivati in Sardegna dove il direttore regionale decide sul "non luogo a procedere" nei confronti di alcuni insegnanti che si erano rifiutati di somministrare le prove nelle proprie classi.

Il comportamento mantenuto dai docenti che si sono rifiutati di somministrare le prove Invalsi ai propri alunni “non attiene a profili disciplinari in quanto inserito in un particolare contesto caratterizzato da contrapposizioni sindacali e argomentazioni portate avanti anche a livello giurisdizionale”: lo scrive il direttore regionale della Sardegna a conclusione di una lunga e complessa vicenda che si è trascinata per diversi mesi in un circolo didattico di Nuoro.
La questione risale ad alcuni mesi addietro e su di essa si era già espresso anche il Tar al quale si erano rivolti i Cobas che avevano impugnato la mancata convocazione del collegio dei docenti nel circolo didattico “Fureddu” di Nuoro.
A quel punto la dirigente scolastica della scuola aveva convocato il collegio che però aveva deliberato di non aderire alla somministrazione delle prove Invalsi.
Dopo aver chiesto lumi al direttore regionale la dirigente riconvocava il collegio.
Nella successiva seduta il collegio confermava la precedente decisione che veniva subito disattesa dalla dirigente scolastica “in virtù - scriveva la dirigente stessa -
della delega conferita dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Sardegna”. Contemporaneamente la dirigente mediante un apposito ordine di servizio disponeva la somministrazione delle prove e nei confronti di alcuni docenti che si rifiutavano di obbedire apriva un procedimento disciplinare.
Va anche detto che secondo la dirigente il comportamento dei docenti “disobbedienti” sarebbe stato particolarmente grave tanto che anziché ricorrere ad una sanzione di sua competenza (dall’avvertimento scritto fino alla sospensione dal servizio per non più di 10 giorni, passando anche attraverso la censura) trasmetteva gli atti all’Ufficio scolastico regionale chiedendo una sanzione superiore ai 10 giorni di sospensione.
Ed è a questo punto che la vicenda si conclude in modo del tutto imprevisto e per certi aspetti contraddittorio: nonostante i “suggerimenti” dati alle scuole e ai dirigenti scolastici fino a pochi giorni fa, il direttore regionale scrive alla dirigente scolastica e chiarisce che il comportamento dei docenti disobbedienti non è perseguibile sul piano disciplinare.
I Cobas della Sardegna commentano entusiasticamente:
“la vicenda dimostra ciò che i Cobas hanno sempre sostenuto: i quiz Invalsi non sono obbligatori”.


da: Tecnica della Scuola - 2 giugno 2011

venerdì 3 giugno 2011

Il giallo delle prove Invalsi, scricchiola il "sistema Gelmini"?

Le prove per testare il livello di preparazione degli alunni italiani svolto a maggio, ma restano i dubbi sulla loro obbligatorietà e i cobas hanno lanciato una campagna che le contesta.

Giallo sulle prove Invalsi, svolte ormai a maggio, le prove che testano il livello di preparazione degli alunni italiani. Sono obbligatorie o le scuole possono decidere di non farle? E gli insegnanti sono obbligati a somministrare i test? Dopo la lettera dell'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, e la presa di posizione dei Cobas, la questione è tutt'altro che chiara. E le prove Invalsi, che per la prima volta diventano obbligatorie anche al superiore, rischiano di naufragare. I presidi delle scuole superiori si riuniscono, si chiamano e si interrogano sul da farsi. Alcuni chiedono al collegio di esprimersi in merito, altri inviano circolari perentorie: sono obbligatorie e occorre svolgerle. Ma come stanno in effetti le cose?
Le scuole hanno l'obbligo fare svolgere agli alunni delle scuole elementari (seconda e quinta), medie (prime) e superiori (seconda) le prove predisposte dall'Invalsi annualmente, ma gli insegnanti della scuola non hanno nessun obbligo di somministrare i questionari, di compilare le relative schede, né tanto meno di sorvegliare le classi durante lo svolgimento delle prove. Si tratterebbe, per i docenti, di lavoro straordinario che il capo d'istituto dovrebbe trovare il modo di retribuire con un compenso a parte. Se tutti i docenti a maggio si rifiutassero di "collaborare" con l'Invalsi, con quale personale potrebbe assicurare lo svolgimento delle prove il dirigente scolastico?
Ma c'è di più: le scuole non hanno fondi da distribuire per un'attività che non è contemplata nel contratto di lavoro degli insegnanti e che non si saprebbe neppure come classificare. Secondo i Cobas, che stanno portando avanti una campagna nelle scuole per fare saltare le prove, "tutto il lavoro richiesto ai docenti per la somministrazione dei test non è obbligatorio". Tutte le operazioni connesse con i test Invalsi comportano un lavoro aggiuntivo che non rientra fra i compiti "obbligatori" del docente e che, quindi, non è tenuto a svolgerlo. I docenti che decidessero di accettare tale compito aggiuntivo devono comunque essere remunerati con il fondo di istituto.
Linea sostanzialmente confermata dall'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, in una missiva pubblicata sul sito dell'Ufficio scolastico regionale del Piemonte: le prove sono obbligatorie per le scuole e il collegio dei docenti non ha nessun potere di deliberare in merito. Gli obblighi di lavoro dei docenti sono articolati in "attività di insegnamento" e "attività funzionali all'attività di insegnamento". La somministrazione delle prove Invalsi non può essere considerata, ovviamente attività di insegnamento, né attività funzionale, in quanto il contratto le elenca. E tra queste troviamo: la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; la correzione degli elaborati; la cura dei rapporti individuali con le famiglie. Ma anche la partecipazione ai consigli di classe, ai collegi dei docenti, i ricevimenti con le famiglie e gli scrutini.
Di eventuali prove, come quelle Invalsi, non vi è traccia. Ma alcuni presidi contano di aggirare l'ostacolo organizzando la somministrazione delle prove durante le ore di lezione. E' possibile, in questo modo, risolvere il problema? Gli insegnanti, a questo punto, sono obbligati a svolgere un'attività diversa da quelle previste dalla cosiddetta "funzione docente"? La questione non mancherà di aprire altre polemiche, almeno fino a maggio.
Ma è l'intero sistema di valutazione messo in piedi dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che nel complesso scricchiola. Il milleproroghe ne ha disegnato l'architettura in questo modo: l'Indire (l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che si occuperà della valutazione degli insegnanti; l'Invalsi, che testa la preparazione degli alunni, e il "corpo ispettivo", che valuterà le scuole e i dirigenti scolastici. Un sistema che si regge su "tre gambe".
Ma l'Invalsi, prima gamba del sistema di valutazione, è zoppa: potrebbe avere in futuro difficoltà a somministrare le prove agli alunni, perché nel contratto dei docenti non è previsto nessun impegno in tal senso. La seconda gamba, l'Indire, non c'è. E' stato chiuso con la finanziaria e nel 2007 e l'altro istituto, l'Ansas (l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica)  -  che secondo i decreti del ministro Gelmini dovrebbe svolgere un ruolo di consulenza riguardo ai progetti sul merito lanciati a Milano, Napoli e Torino, per gli insegnanti, e a Siracusa, Pisa e Cagliari, per le scuole  -  è stato prorogato di un anno, ma non ha tra le sue competenze quelle di valutare scuole e insegnanti. Insomma, un pasticcio.
La cosa è emersa in commissione Cultura al Senato qualche giorno fa. "Pur prendendo atto  -  ha dichiarato il sottosegretario Giuseppe Pizza  -  delle dichiarazioni rese dal rappresentante del governo in commissione, secondo cui si tratta di un errore tecnico, resta da chiarire se è intenzione del governo attribuire all'Ansas anche compiti di valutazione ovvero modificare diversamente la norma sul milleproroghe".
C'è poi il corpo ispettivo, la terza gamba, che però ha il personale ai minimi termini. E il concorso in fase di svolgimento si preannuncia in salita: per un pasticcio nel bando, tantissimi esclusi ai test di ammissione si sono rivolti al Tar e la selezione, che comunque vadano le cose non si completerà prima di un anno, potrebbe subire uno stop, lasciando il sistema zoppo anche della terza gamba.

Qui troverete anche un video di Piero Bernocchi, segretario generale dei Cobas, che parla delle Invalsi alla trasmissione Agorà (rai3).

domenica 29 maggio 2011

DSA...LA SCUOLA E' FONDAMENTALE, NON DA SOLA...

La figura dell’insegnante è particolarmente rilevante poiché è la prima persona che riconosce se l'alunno incontra  difficoltà nel percorso scolastico: quando un insegnante sospetta la possibile presenza di DSA ne deve parlare con la famiglia, suggerendo un approfondimento diagnostico.
In attesa della diagnosi la scuola deve informarsi, inserendo nel POF attività didattiche o di formazione sui DSA, che coinvolgano tutto il corpo docenti del consiglio di classe.
Per aiutare l'alunno con DSA,l’insegnate dovrebbe:
creare uno spazio favorevole all’apprendimento;
creare un percorso didattico personalizzato per l’alunno con DSA;
individuare metodologie didattiche adeguate e flessibili per i bisogni del dislessico;
utilizzare strumenti compensativi;
collaborare con gli specialisti e la famiglia (concordare insieme i compiti a casa, le modalità di aiuto, gli strumenti compensativi, le dispense, le interrogazioni, la riduzione dei compiti…)
L’insegnate non deve limitarsi al solo uso degli strumenti compensativi (non modificano le caratteristiche tipiche del DSA), ma dovrebbe prevedere anche le misure dispensative ed organizzare l'attività didattica secondo metodologie e strategie che non ostacolano il processo di apprendimento.

Nell'area software potete trovare DSA - software libero...

venerdì 20 maggio 2011

IL 12 E 13 GIUGNO VOTA AL REFERENDUM 4 SI PER DIRE NO!!!

FACCIAMO SENTIRE LA NOSTRA VOCE!!!
IL 12 E IL 13 GIUGNO 2011 ANDIAMO TUTTI A VOTARE QUATTRO SI PER DIRE NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA, PER FERMARE IL NUCLEARE, PER RIBADIRE CHE LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI!!!


NUCLEARE

Non si capisce perché all’improvviso il governo getta la spugna sul nucleare. Forse perché il signor B. ha paura di raggiungere il quorum e vuole, a tutti i costi salvare e salvaguardare la “casta”. Ma l’obiettivo è  quello di far decadere il quesito referendario per l’abrogazione della legge con cui si apriva la strada al ritorno dell’energia atomica in Italia. Qualcuno ha già tirato i remi in barca, affermando che questa battaglia è vinta, ma mai abbassare la guardia! È chiaro che questa è una manovra strategica, anche sull’onda di Fukushima, che avrebbe portato tantissimi elettori anche di centro – destra a votare il non ritorno del nucleare, tenendo presente che già la maggior parte delle regioni del Nord (governate dal PDL e dalla Lega) avevano rifiutato l’istallazione delle centrali sul proprio territorio. È chiaro che, una volta passata l’onda emotiva giapponese, il “dibattito” riprenderà ed è sicuro che vi sarà un’accelerazione.
La scelta di bloccare oggi, il nucleare, ricade ovviamente anche sugli altri quesiti; si cerca di invalidarli, di fermare una battaglia, quella sull’acqua, che in questi anni ha creato consensi sempre più ampi.

ACQUA
Per noi resta però di fondamentale importanza, partecipare a questo referendum, perché l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale, un bene essenziale che appartiene a tutti e nessuno può appropriarsene, né farci profitti. Vogliamo invitare tutti ad andare alle urne e votare SI, per restituire questo bene essenziale alla gestione collettiva, per garantirne l’accesso a tutte e tutti, per conservarlo per le future generazioni convogliando tutti e tutte verso una gestione pubblica e partecipativa.
Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.
L’attuale governo ha invece deciso di consegnarla ai privati e alle grandi multinazionali. Noi tutte e tutti dobbiamo impedirlo, votando SI quando saremo chiamati a decidere. E’ una battaglia di civiltà. Nessuno si senta escluso.
LEGITTIMO IMPEDIMENTO
L’altro quesito è quello che riguarda il legittimo impedimento, ma cos’è? nell'attuale procedura penale il legittimo impedimento è la condizione nella quale si possono trovare testimoni e periti allorquando non possano partecipare all'udienza, alla quale sono obbligati a partecipare, pena sanzioni pecuniarie ed accompagnamenti coattivi. L'impedimento per essere legittimo deve essere comprovato, dimostrato (malattia, analogo impegno concomitante ecc.). Ciò determina il rinvio dell'udienza.
Il legittimo impedimento non è riconosciuto all'imputato, poichè egli all'udienza può anche non partecipare, andrà avanti lo stesso anche senza di lui, che sostanzialmente delega all'avvocato tutto; si parla in genere di contumacia.
Il premier spinge affinchè il legittimo impedimento venga anche riconosciuto all'imputato il quale, se malato o gravato da impegni inderogabili, può determinare il rinvio del processo. Tutto questo ovviamente, Berlusconi lo fa per evitare di andare davanti ai giudici e farsi giudicare come tutti noi!!!

È per questo che il 12 giugno siamo chiamati a votare SI ai quesiti referendari, per salvaguardare la nostra democrazia, i nostri diritti, i beni comuni.

domenica 15 maggio 2011

DECRETO DI AGGIORNAMENTO DELLE GRADUATORIE AD ESAURIMENTO

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
DIPARTIMENTO PER L'ISTRUZIONE
Dipartimento per l'Istruzione
Direzione Generale per il personale scolastico
Roma, 12 Maggio 2011
Oggetto: D.M. n. 44 del 12 maggio 2011 - aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo
Si trasmette il DM n. 44 del 12 maggio 2011, di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento ed i relativi allegati.
Il DM in oggetto ripristina la possibilità di trasferimento da una provincia all’altra, con collocazione nella corrispondente fascia di appartenenza e con il punteggio spettante, previa cancellazione dalla graduatoria di provenienza. Il termine di presentazione delle domande è stabilito in 20 giorni dalla pubblicazione sul sito internet di questo Ministero (http://www.istruzione.it/) e cioè il 1° giugno 2011.
per IL DIRETTORE GENERALE
Luciano Chiappetta
f.to Bianca Artigliere

D.M. n.44 del 12 Maggio 2011
http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/28cc14ea-1e0f-4185-a703-833600b23004/dm44_11.pdf

Moduli di domande:
http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/3d9bfeee-93b4-4f94-998d-21c257f8611f/all_dm_44_11.zip

mercoledì 11 maggio 2011

LETTERA APPELLO AI DIRIGENTI SCOLASTICI SUL TEMA PROVE INVALSI

Pubblico questa interessante lettera di alcuni Dirigenti scolastici, in merito alle prove INVALSI

Cara/o Collega,
vorremmo condividere alcune riflessioni  sul rapporto fra le funzioni di noi Dirigenti, l’attività dell’Istituto Nazionale  per la Valutazione del Sistema di Istruzione (INVALSI) e l’investimento, economico e di governo,  messo in atto dal Superiore Ministero  sulla valutazione del sistema medesimo, di cui l’Istituto è - per effetto normativo -  incaricato.
Ci riferiamo: alla rilevazione censuaria sulle abilità e sulle conoscenze nella scuola primaria, secondaria di I e di II grado; all’esame di fine primo ciclo dell’istruzione; alla  ventilata valutazione dei docenti con effetto premiale.
Un quadro così ampio di indagine a cura dell’INVALSI, all’interno del mandato istitutivo, finalizzato alla valutazione del sistema  dell’istruzione, i cui scopi dovrebbero consistere nel miglioramento in termini di efficacia di intervento, di efficienza organizzativa e di razionalizzazione nell’uso delle risorse, pensiamo chiami in causa almeno tre  livelli di riflessione da parte nostra: 1)caratteristiche di complessità del sistema; 2) problematicità degli effetti dell’operazione; 3)  protagonismo del personale scolastico, Docente, ATA, Dirigente, fra obbligatorietà e richiamo alla collaborazione.
Senza indagare ogni livello singolarmente, vorremmo portare la Tua attenzione su qualche aspetto che tutti li incrocia ed approfondirne uno: il 3°, che costituisce argomento di indubbia attualità.
 Il sistema-scuola non è una macchina banale, non è un sistema chiuso a funzione retroattiva. Ogni elemento di esso produce, con le sue oscillazioni, comportamenti adattivi e accoppiamento strutturale con altri elementi, sia  interni al sistema, sia tipici dell’ambiente in cui è immerso. Quel che si genera non è mai la somma delle parti, semmai  un prodotto che si definisce qualità emergente.  I  sistemi complessi, come si sa dalla letteratura di riferimento,  possono essere utilmente valutati mediante studi naturalistici e non attraverso strategie statistico-inferenziali. Forse,  noi diremmo,  in modo misto, dove non si tralascia la prima modalità. Se consideriamo che attraverso il suo operato l’INVALSI si è dato il compito più modesto di valutare solo alcune componenti del sistema,  solo alcune prestazioni di esso, rimane da chiarire qual è la ratio nella scelta, quali siano i parametri utilizzati per questo tipo di descrizione e come i risultati possano poi essere significativi per la valutazione  del  sistema nel suo complesso. Non è dato sapere a quali oscillazioni non controllabili verranno sottoposte queste parti  del sistema, visto che ogni osservazione modifica il fenomeno osservato. Non è dato sapere come se ne valuterà l’impatto complessivo, in fase di restituzione,  quali decisioni di natura politica essa è destinata a produrre.
Fra  i fattori di sistema  in grado di influenzare il suo comportamento complessivo, individuiamo: i contesti socio-culturali che, nel caso italiano, rappresentano una realtà fortemente variegata; gli stili di insegnamento, che sappiamo essere molto diversi  fra ordini di scuola, nell’ambito dello stesso ordine, all’interno dei team-teaching. Non crediamo basti un questionario, a risolvere questo problema. Non crediamo che la richiesta-dati sul contesto socio-famigliare e le informazioni routinarie sulla scuola, soddisfino la necessità di lettura articolata dei fenomeni che inquadrano i processi di insegnamento/apprendimento.
Sicuramente,  i costi di una operazione più ampia  sul piano teorico e pratico diventerebbero eccessivi, a fronte del fatto che già il più modesto compito attualmente intrapreso, rappresenta un investimento elevato, in tempo di ristrettezze economiche di ogni tipo operate nel Paese, nella scuola in particolare.
Nel merito, relativamente ai campi di intervento dell’INVALSI, vorremmo richiamare la Tua attenzione sull’operazione di testing nei diversi ordini e sulla prova finale del primo ciclo dell’istruzione. In entrambi i casi è iniziata una solerte campagna da parte del mercato editoriale per indurre l’acquisto, da parte delle famiglie, di libri che  preparano  all’esecuzione dei test, con un netto depauperamento degli aspetti educativi e didattici di ampio raggio, con un condizionamento delle scelte dei docenti, finora operate nello spirito di quanto previsto dall’art 33 della nostra Carta Costituzionale e, soprattutto, legate ai contesti e alle caratteristiche dei discenti.
Un'altra deviazione di tipo aziendalistico  è prodotta dall’uso di immagine dei risultati delle prove  che  crea un’assurda competizione fra scuole pubbliche, con un indebolimento proprio dell’aspetto di equità nell’offerta formativa, come diritto del cittadino, indipendentemente dalla scuola scelta per i propri figli.
Competizione che , come ventilato, potrebbe dar corso ad una diversa distribuzione di risorse a parte del Ministero. Ancora, come sappiamo, la prova alla fine  del  primo ciclo condiziona fortemente, in una sola mossa valutativa, un processo di apprendimento  lungo otto anni, durante i quali i docenti hanno potuto valutare abilità, competenze, prestazioni  cognitive complesse e li esonera dal compito valutativo sull’intero processo.
Gli interventi mediatici dei rappresentanti del Governo, nello specifico degli Onorevoli Ministri dell’Istruzione e dalla Funzione Pubblica, si sono concentrati sulla necessità di effettuare nella scuola italiana un operazione di razionalizzazione e di implementazione dell’efficacia dell’insegnamento, oggi messo in forse dalla scarsa preparazione degli insegnanti, il cui numero sarebbe eccessivo.
In questi interventi viene operato un collegamento fra i risultati delle rilevazioni degli apprendimenti e la valutazione della qualità dell’insegnamento, con  l’introduzione ipotetica di un effetto premiale sui docenti.
Come evidente si tratta di ulteriori fattori di depressione su una categoria già in sofferenza, lasciata per troppi anni a curare in modo individuale e volontario la propria preparazione, a fronte di livelli stipendiali fra i più bassi d’Europa.
Vorremmo ricordare, inoltre, alcuni  aspetti di carattere normativo che data la nostra funzione dirigenziale, non ti sono certo sfuggiti. Li riprendiamo di seguito, in forma riflessiva per interrogarci sul nostro ruolo e su quelle questioni/contraddizioni irrisolte che  stanno innescando, nella scuola pubblica, dannose conflittualità di cui noi tutti/e, sic standibus rebus,  non sentivamo certo il bisogno.
La questione INVALSI, ha riproposto un tema ormai ricorrente nelle relazioni interne e nella  gestione democratica della scuola pubblica: il ruolo del dirigente e la sua collocazione tra rispetto degli obblighi istituzionali e contrattuali sottoscritti con il Ministero e prerogative/osservanza dei deliberata degli organi collegiali della scuola nell’ambito dell’Autonomia sancita dal DPR 275/1999 . Da questa considerazioni, alcune domande volutamente retoriche.
1. Se l’art. 7 del D.L.vo 297/94, p.2, lett. c, affida al Collegio potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto, e l’articolo 8, ai consigli di intersezione, di interclasse e di classe,  competenze in materia di programmazione, valutazione e sperimentazione, perché un/una dirigente dovrebbe maggiore ossequio ad una nota che, nel caso specifico, non ha il valore prescrittivo?
2. Se l’art. 3, lett. a. della Legge 28 marzo 2003, n. 53, nel dettare le norme generali sulla valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e degli apprendimenti degli studenti, ribadisce che la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e di formazione  e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono prerogativa dei docenti e agli stessi affida la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo nonché  il miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione, perché i/le dirigenti dovrebbero imporre ai docenti di trasformarsi in operatori/collaboratori dell’INVALSI, che autonomamente dovrebbe  effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche? (art. 3, lett. b.)
3. Se, sempre l’art. 7 del D.L.vo 297/94, p. 4, sancisce la possibilità per almeno un terzo dei componenti, di richiedere la convocazione del Collegio dei docenti anche su una materia come le prove INVALSI, perché numerosi colleghi/ghe si sono rifiutati di farlo e sono stati necessari i pronunciamenti del TAR, per ripristinare tale diritto?
4. A chi deve indiscussa “fedeltà” istituzionale un dirigente? Alle esortazioni alla collaborazione fattiva nel “far propinare” le prove INVALSI, contenute nelle note ministeriali e dirigenziali a livello locale, o alle decisioni della maggioranza del suo corpo docente?
La risposta potrebbe essere semplice se ci rifacessimo al dettato dell’art. 25, comma 2 del D.L.vo 165/2001, non modificato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, che espressamente recita: <<… Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane…>>.
Evidentemente la questione  è molto più complicata e meno pacifica di come potrebbe sembrare. Come avrai notato molte discrepanze di carattere interpretativo si notano anche nei comunicati delle organizzazioni sindacali.
Cosa temono, dunque, molti colleghi e colleghe al punto da rinunciare alla loro autorevolezza e quali i condizionamenti che li portano a ritenere più opportuno imporre che proporre?
Un paese libero e democratico non teme il confronto, e anche il conflitto delle idee, li mette a frutto, li elabora, verso dimensioni di analisi e di decisione più articolati e virtuosi. Riteniamo sia compito di noi Dirigenti avviare questo dialogo nei collegi, anche perché l’autonomia ci consente di mantenere viva la dimensione di comunità educante della scuola, di svolgere il nostro dovere di iniziativa  per migliorare il rapporto con il personale e con la popolazione scolastica, una priorità che non incrina, anzi valorizza,  i doveri  che derivano dal contratto che abbiamo stipulato con il Superiore Ministero.
Facciamo dunque appello a tutti/e i/le dirigenti, perché in costanza delle attuali normative in materia di valutazione e prerogative degli Organi Collegiali, si astengano da iniziative unilaterali che non tengano in conto della complessità della “macchina scuola”, a scapito di un dibattito serio e condiviso, capace di garantire quei criteri di serenità, trasparenza  e scientificità che dovrebbero presiedere ad ogni vero processo  di valutazione.
Ti ringraziamo per l’attenzione e attendiamo Tuoi riscontri.
Giancarlo DELLA CORTE, dirigente  scolastico dell’Istituto Comprensivo  Francesco  Ciusa” di CAGLIARI
Renata PULEO, dirigente scolastica del Primo Circolo Didattico “Pietro Maffi” di ROMA
Gian Pietro DEMURTAS, dirigente  scolastico dell’ITCG “E. Mattei” di DECIMOMANNU (Cagliari)
Roberto COGONI, dirigente  scolastico dell’Istituto Istr. Superiore di TERRALBA-MOGORO-ALES (Oristano)